Diritto all’oblio e reputazione

Sempre più spesso, negli ultimi tempi, in studio ci occupiamo del diritto all’oblio e della reputazione digitale (on-line).  Ma cos’è? A chi interessa?

I clienti sono di diversa estrazione sociale e livello culturale. Tutti legati dalla necessità di voler eliminare informazioni dalla rete. Fatti di cronaca appartenenti oramai ad un passato lontano. Oppure notizie diffamanti scritte ad arte dal concorrente di turno per screditare la controparte.

Oppure, come nelle recenti elezioni, togliere argomenti ormai ancestrali al concorrente politico. Insomma, chi più chi meno tutti hanno motivazioni valide e con l’unico scopo: quello di riacquistare una reputazione/credibilità (virtuale).

Definizione di diritto all’oblio. The right to be forgotten

Ma cos’è il diritto all’oblio?  Non si vuole tediare il lettore utilizzando termini difficili ma, piuttosto, parole intuitive e comprensibili. Senza tralasciare il richiamo della norma che consente di dare forma e dimensione di quali siano ad oggi le tutele previste dalle norme in materia.

Ma cos’è praticamente il diritto all’oblio?

Per spiegare in maniera semplice cosa sia il diritto all’oblio, è di utilità fare la traduzione di quanto al titolo del paragrafo precedente. Per correttezza e dovere di cronaca si fa presente che detta frase è stata coniata dagli americani che per primi si sono occupati della materia durante alcune elezioni presidenziali.

Sono loro che hanno inventato (se si può dire così) tale diritto. Infatti, per diritto all’oblio si intende, traducendo la frase dall’inglese, “il diritto ad essere dimenticati”. Ognuno di noi, quindi, può decidere autonomamente ed in qualsiasi momento della propria vita di cancellare (ed ottenere) la rimozione delle informazioni (anche tutte) che sono presenti in internet. Informazioni che possono essere lesive della propria reputazione  o meno. Per informazione si intende una notizia, così come per informazione sono dei dati. O, ancora, un video, una fotografia così come la propria identità anagrafica.

Quando interviene il diritto all’oblio.

L’articolo, lungi dal voler essere una esaustiva guida sulla materia vuole offrire degli degli spunti su una problematica che diventa sempre più pregnante nella vita di tutti. Specie nella vita di chi è al centro dell’attenzione di un potenziale cliente, un elettore, il visitatore di una pagina facebook o di un articolo di un blog.

Converrà il lettore che la reputazione digitale oramai è cosa (socialmente/virtualmente) seria! Per tutti quelli che hanno un account facebook o instagram o su altre piattaforme social la vita diventa (virtualmente) pericolosa.Le notizie, specie quelle negative viaggiano veloci.

Cosa avviene nella quotidianeità

I giornali on line si sono attrezzati con plugin che costantemente tengono aggiornati i lettori. Praticamente real time. E si sa anche che   le persone curiose, appresa una notizia (negativa) quasi in maniera istintiva, spinti dalla curiosità della notizia del momento ne cercano altre sui motori di ricerca. Dopo pochi secondi si arriva, qualora fossero stati attivati i profili social ad avere l’immagine della persona che è indagata o che ha mosso, in maniera negativa, la coscienza sociale. E’ in questo momento che ci si può attivare ed esercitare il proprio diritto all’oblio. Quando cioè l’informazione diventa gogna mediatica. Quando il video, virale per usare una espressione tipica, infanga l’onore della persona che viene ripresa.

Infondo, anche se la vita scorre attraverso un cellulare, un pc o un tablet è facile intuire che dietro gli schermi e le tastiere ci sono persone in carne ed ossa.

L’oblio secondo il garante della privacy.

Passando ora al tecnicismo, senza spaventare chi non è pratico di legalese, si richiama la norma fondamentale che permette di poter esercitare il proprio diritto all’oblio. Andando a sbirciare, quindi, quanto pubblicato sul sito del garante della privacy italiana, si legge che secondo “Il diritto cosiddetto “all’oblio” (art. 17 del Regolamento) si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per  i titolari (se hanno “reso pubblici” i dati personali dell´interessato: ad esempio, pubblicandoli su un sito web) di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione” (si veda art. 17, paragrafo 2 del Regolamento).

E’ sempre possibile cancellare i propri dati da internet?

In linea generale dobbiamo dire che la risposta è :SI! E’ quasi sempre possibile cancellare i propri dati da internet. Le eccezioni, con le dovute precisazioni sono strettamente legate a determinate circostanze. Per sintetizzare il limite è quello del bilanciamento tra i seguenti diritti.

  • il diritto alla cronaca (è incluso tra le libertà di manifestazione del pensiero e si traduce nel diritto a pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico)

  • il diritto di rievocazione storica (ossia il diritto a riproporre vicende o situazioni del passato)

  • ed il diritto alla riservatezza (ossia alla tutela delle informazioni riguardanti la sfera personale).

Fra tutti, è con il diritto alla cronaca, ovvero con il diritto di informare ed essere informati, che il diritto all’oblio si scontra in maniera più tangibile.

E’ quasi superfluo sottolineare che quando si parla di informazioni personali di cui se ne chiede la cancellazione dal web ci si trova di fronte a notizie sicuramente poco piacevoli. Informazioni che in qualche modo inficiano sulla reputazione tanto personale quanto professionale del soggetto cui si riferiscono. Di rado, infatti, accade che il protagonista di un’azione meritevole di accoglimento e si prodighi affinchè venga eliminata ogni traccia.

L’attività è molto simile a quella del “ripulire” i siti, blog, social network e motori di ricerca che pubblicano le notizie, informazioni, video e fotografie di persone, società ed altro di cui se ne chiede la cancellazione – definitiva!

Per quanto tempo una informazione può rimanere in internet senza violare il diritto all’oblio e privacy?

Spesso ci viene chiesto:

PER QUANTO TEMPO UN’INFORMAZIONE LESIVA DELL’IMMAGINE, DELLA REPUTAZIONE E DELLA RISERVATEZZA PUO’ PERMANERE NEL MONDO DIGITALE?

Prima i giornali, si sa, duravano un giorno. Oggi il mondo del web conserva le informazioni per sempre. A meno che non ci si attivi per far cancellare prima le informazioni.
Comunque, a fornire la risposta a questo quesito in termini legali ci ha pensato la Corte di Giustizia che testualmente afferma:”

il diritto alla protezione dei dati personali non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua FUNZIONE SOCIALE e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità”.

In parole povere, l’informazione “incriminata” del nostro passato che dopo tempo circola ancora su internet ed il relativo diritto a non essere più ricordati per quel dato fatto scatta solo nel caso in cui l’informazione non sia più attuale o pertinente al contesto storico oppure quando sia venuto meno l’originario interesse pubblico.


Nella nostra esperienza abbiamo avuto un caso dove nel giro di un paio di mesi una notizia di cronaca è stata eliminata. Infatti, il processo penale in cui era coinvolto un nostro assistito non era terminato ma, la fase processuale in cui lo stesso si trovava al momento del conferimento dell’incarico era diversa (e con esito a lui favorevole), rispetto a quella riportata nel giornale on line. Abbiamo intimato legalmente ed ottenuto nel giro di poche settimane la cancellazione e deindicizzazione dai motori di ricerca delle notizia.


Facciamo un esempio pratico

Prendendo spunto da una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione nel luglio 2019: Tizio citava in giudizio alcune testate giornalistiche chiedendo il risarcimento dei danni da diffamazione per aver riportato sui loro quotidiani la notizia dell’omicidio che aveva perpetrato in danno della propria moglie e per il quale aveva espiato 12 anni di reclusione, sottoponendolo ad una nuova gogna mediatica.

Come si sono conclusi i primi due giudizi:

Sia il primo che il secondo grado di giudizio negavano a Tizio il diritto all’oblio. I Giudici non riscontravano alcuna illiceità nella rievocazione di tale avvenimento. Tra i fatti che più avevano turbato la collettività negli ultimi quarant’anni da parte dei giornali.

Cosa ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione, contrariamente, ha riconosciuto il diritto all’oblio in assenza di quell’interesse collettivo che si richiede al fine di sacrificare il diritto alla riservatezza dell’individuo interessato.

Infatti l’esplicita menzione del nominativo può essere giustificata solo nei casi in cui le notizie si riferiscono in quel dato momento. Inoltre i personaggi devono interessare la collettività PER RAGIONI DI NOTORIETA’ O PER IL RUOLO PUBBLICO CHE RIVESTONO.

In assenza di questi requisiti, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza. E’ consentita la relativa cancellazione dal web di tutte quelle informazioni del passato lesive della dignità e dell’onore.

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