Prescrizione cartelle INPS, Tributarie, Regionali, Statali

Abstract: finalmente è stato CHIARITO che la cartella esattoriale, sebbene non impugnata nel temine di legge, non consente l’applicazione analogica della prescrizione del termine lungo – decennale. Addio vecchi ruoli.


Cronaca e frammenti di vita di un avvocato processualista – Ore 17,50 di un venerdì pomeriggio. Mi accingo alla stesura di una comparsa conclusionale. Rileggo l’atto di controparte. La vicenda riguarda un piccolo commerciante che negli anni novanta non aveva versato i contributi INPS. Era stato emesso, dunque, un ruolo che tra sorte capitale, interessi, sanzioni e altre spese, aveva portato alla notifica di una cartella esattoriale di circa 38.000,00 euro.

L’avversario Equitalia, alias “l’agente della riscossione“, nel proprio libello difensivo insisteva, IN UNA (distorta) INTERPRETAZIONE ANALOGICA dell’art. 2953 c.c.. Sosteneva, infatti, che le cartelle (e quindi il credito), non essendo state impugnate nei termini di legge, non poteva essere oggetto di contestazione in ordine alla prescrizione breve. Ore 18,15 Rileggo le ricerche fatte all’epoca! Qualche dubbio mi viene scorrendo nuovamente le sentenze della Cassazione (sezioni semplici) richiamate nella difesa altrui. L’avvocato avversario, anche di lungo corso, sosteneva dunque che l’atto era divenuto definitivo “al pari di un decreto ingiuntivo”, pertanto va dichiarato esente da detta contestazione.


 Effettivamente il mio cliente all’epoca non avendo impugnato nulla, si trovava proprio nella situazione rappresentata dal collega. Le cartelle esattoriali, di cui non si ha comunque certezza della notifica per via del deposito di semplici fotocopie di ricevute di ritorno, comunque non risultano impugnate in nessuna sede.

Hmm (la mente corre)… inizio a pensare che la strada è in salita. Bisognerà convincere il giudice della bontà delle mie ricostruzioni normative e giurisprudenziali … provare, dunque, che il termine prescrizionale è maturato e che quindi il credito non è azionabile. Inizio così a ricercare nelle banche dati qualcosa di NUOVO che possa aver risolto il contrasto giurisprudenziale creato dalla Cassazione a partire dal lontano 2004.


Già all’epoca, parliamo del 2012, a verbale ebbi modo di contestare questa applicazione in analogia dell’art. 2953 c.c.. Tuttavia, come testé detto, una difformità di giudicato della Suprema Corte permetteva alla controparte di proporre tale ricostruzione normativa/interpretativa dando adito a dubbi. Ore 18,30 squilla il cellulare. E’ un caro amico che chiama e che rompe con questioni di natura tributaria … mi rimetto al computer … cinque minuti di ricerche poi … non credo ai miei occhi! E’ successo per davvero. La Cassazione, a Sezioni Unite, ha risolto il problema. FINALMENTE!!!! E’ stata pubblicata la sentenza numero 23397/2016.  Data del deposito 17 Novembre 2016 – questo articolo è stato scritto il 19 novembre su fatti avvenuti 18 novembre. Potere dell’informatizzazione!


Le certezze che aiutano a vincere un processo… Leggo le 7 pagine fitte fitte. Una sentenza articolata e complessa che prende in esame diversi orientamenti creatisi nel tempo, alcuni dei quali hanno fatto seri danni alle persone.  Sottolineo e commento con Sara Vergaro, attenta collega di studio che da anni si occupa di diritto del lavoro. Giungiamo alla fine del mostruoso lavoro di ricostruzione fatto di leggi, decreti, sentenze e commenti della Dottrina. Gli occhi bruciano ma arriviamo alla fine del provvedimento.

Con chiarezza è stato detto dal Supremo Organo (A SEZIONI UNITE !!!!) che per tutti quei crediti originati da atti di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via, giusto per intenderci: Inps contributi previdenziali, dell’Agenzia delle Entrate iva, irpef, addizionali regionali etc etc, dei Comuni sanzioni amministrative, imu, tarsu, la cui riscossione è stata avviata oltre il termine naturale di prescrizione della tipologia di credito, potranno essere impugnate e chiede la declaratoria di intervenuta prescrizione. Questo con la certezza che i giudici di merito dovranno rivedere le loro posizioni.

La vicenda era stata porta all’attenzione della Suprema Corte sulla base di un gravame promosso dall’Inps. La Sesta Sezione Civile, ravvisando un contrasto di giudicato interno al supremo organo, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite e così è stato statuito.

“la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo la L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che dal 1 gennaio 2011, ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 30, convertito dalla L. n. 122 del 2010)”;

2) “è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.


Altre precisazioni importanti- Inoltre gli Ermellini in diverse sentenze hanno avuto modo di chiarire che le cartelle esattoriali basate su ruolo emesso dagli Enti (impositori) hanno natura di titoli esecutivi paragiudiziali”. Categoria che deve essere affiancata a quella dei titoli giudiziali – aventi l’attitudine a diventare, in caso di mancata opposizione o di opposizione proposta fuori termine, definitivi e incontrovertibili (vedi: Cass. 24 settembre 1991, n. 9944; Cass. 2 ottobre 1991, n. 10269; Cass. 26 ottobre 1991, n. 11421, in motivazione). Ebbene, detta tipologia di atto, non potrà mai essere paragonata ad una sentenza o ad un decreto ingiuntivo in quanto è privo di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato perchè è espressione del potere di auto-accertamento e di autotutela della P.A. Pertanto, l’inutile decorso del termine perentorio per proporre l’opposizione, pur determinando la decadenza dall’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o di diritto privato), con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c., ai fini della prescrizione (vedi, tra le tante: Cass. 25 maggio 2007, n. 12263; Cass. 16 novembre 2006, n. 24449; Cass. 26 maggio 2003, n. 8335).

Nuove opportunità per i clienti che hanno subito un torto…Ultimo passaggio interessante riscontrato dalla lettura della sentenza richiamata è il fatto che in ipotesi di riscossione di crediti Inps già riscossi scatta un divieto ex lege alla regolarizzazione dei contributi e quindi l’Inps dovrà addirittura restituire quanto incassato. Così dice la sentenza “Quindi, la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, non ha fatto altro che ripristinare il tradizionale termine quinquennale, con decorrenza dal giorno 1 gennaio 1996. Tale ultima disposizione ha altresì reiterato, estendendone l’applicabilità a tutte le assicurazioni obbligatorie, il principio – di ordine pubblico e caratteristico di questo tipo di prescrizione – della “irrinunciabilità della prescrizione”, secondo cui “non è ammessa la possibilità di effettuare versamenti, a regolarizzazione di contributi arretrati, dopo che rispetto ai contributi stessi sia intervenuta la prescrizione” (già previsto dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 55, comma 2 cit.).

Quanto all’impossibilità di effettuare i versamenti dopo il decorso del termine prescrizionale, la nuova norma ha specificato che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria sono soggette a prescrizione e “non possono essere versate” dopo il decorso del relativo termine. Pertanto, dopo lo spirare di tale termine, l’Ente di previdenza non solo non può procedere all’azione coattiva rivolta al recupero delle omissioni, ma è tenuto a restituire d’ufficio il pagamento del debito prescritto effettuato anche spontaneamente, in deroga alla disposizione contenuta nell’art. 2940 c.c., secondo cui: “Non è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un debito prescritto”.

Del resto, è jus receptum che, nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizione già maturata è sottratto, ai sensi dell’art. 3, comma 9, della n. 335, alla disponibilità delle parti, sicchè una volta esaurito il termine, la prescrizione ha efficacia estintiva – non già preclusiva – in quanto l’ente previdenziale creditore non può rinunziarvi.

Inizio così a scrivere la mia comparsa conclusionale forte di un principio innegabile e fiducioso del giudizio finale. La questione è posta su un ottimo binario. Avviso il cliente. E’ contento. Rifletto sulla possibilità di rottamazione. Ne varrà veramente la pena? Bisognerà valutare caso per caso.
Ore 20,30 … squilla il telefono … mia moglie mi ricorda che è venerdì sera ed è ora di chiudere … alla prossima!

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